La novena che prelude alla festività per la ricorrenza dei Santi Patroni Pietro e Paolo del 29 giugno ha avuto inizio, nella frazione San pietro di Montoro (Av), con un evento caratterizzato da uno speciale connubio di religiosità ed arte. Ideazione sentita e voluta dalla comunità pastorale di Montoro, dal comitato della festa patronale, dal priore Gerardo Russo e dal veterano Vito Donniacuo. Scenario: il cortile del palazzo Galiani Pironti, dimora storica delle famose dinastie rivoluzionarie e risorgimentali e sede di ricercati eventi culturali, divenuto, come detto dal parroco montorese, don Domenico, citando un passo del Vangelo, luogo in cui “sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20).L’occasione è stata il restauro, ad opera della ditta Nova Ars di Cesinali (Av), delle antiche statue seicentesche, scolpite probabilmente da Giacomo Colombo (1663-1730) o dalla sua scuola, ritraenti i due Apostoli principi della Chiesa. Il parroco ha precisato che il restauro, il terzo di altri due precedenti avvenuti tempo addietro, ha seguito sapientemente un metodo conservativo, limitandosi in maniera efficace a ripulire le statue dai segni del tempo e a ravvivare i colori, riprendendo gli originari, sia delle vesti che dell’incarnato. Da notare, a parere di chi scrive, con ammissione di deformazione professionale, come il restauro abbia davvero “ravvivato” i busti dei santi, giacché sono più evidenti le forme dei reticoli dei vasi sanguigni sulle mani e sul collo, conferendo una potenza vitale e animata, con l’impressione reale dell’atteggiamento veemente del parlare e anche con foga, vigore, con fede. Dopo lo svelamento delle icone, rimaste per le due notti precedenti nel Palazzo Galiani Pironti (una delle due basi processionali lignee fu donata alla Chiesa da un prelato appartenente alla famiglia, tant’è che in corrispondenza di uno dei fregi si legge: “A.D. del Barone G. Galiani 1875”) in attesa di fare ritorno in Chiesa, e dopo un momento di preghiera, la parola è passata a don Bartolomeo, parroco di Solofra, il quale ha voluto fare delle riflessioni sul valore delle statue nella religiosità cristiana, affinché non si cada nella idolatria e si percepisca invece il messaggio superiore delle immagini. Nello specifico, il sacerdote ha osservato come le due statue sono accomunate dalla presenza di un libro; ciò ricalca il valore della Parola, del Vangelo, e mentre San Paolo è raffigurato nell’atteggiamento di indicare con l’indice destro una pagina sulla quale è scritto in greco un passo da Lui stesso citato e riferito al suo esempio di battaglia non persecutoria ma di ricerca di verità (“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”), San Pietro tiene il libro con le dita tra le pagine quasi a mantenere un segno, che può rappresentare il momento fermo della nostra vita, che lascia immaginare ad ognuno di noi quale sia la pagina di cui si mantiene il segno, mentre con l’altra mano il santo è rappresentato anch’egli con l’indice puntato ma questa volta verso l’alto, verso il Cielo, la meta a cui il vero cristiano, pellegrino sulla terra, deve mirare.








