La quinta pinacoteca della Campania è a Montoro (Av)

Agli sgoccioli della ormai quasi trascorsa primavera, a Montoro, nella frazione San Bartolomeo, è stata inaugurata l’apertura della PiMac, la pinacoteca di arte contemporanea. Costituita da una galleria disposta in verticale, la pinacoteca e’ alloggiata in un ambiente confortevole ed accogliente, e mostra opere iconografiche d’arte contemporanea eterogenea, italiana (vale la pena citare il Vallifuoco con le sue creazioni in “collage”) e straniera (cinese in modo particolare) e, non solo, vi sono esposte anche creazioni di estro artistico artigianale (come un libro aperto interamente cosparso di giallo, denominato “arte e pigmenti” di Alfonso Lipardi). Rivedendola nell’insieme, si nota subito la (forse inconsapevole) tematica costante, che probabilmente coincide con la caratteristica di questo nostro attuale mondo contemporaneo, e cioè la ricorrenza di immagini di corpi colti di spalle o parti di corpi senza volto o volti con occhi chiusi, piangenti o nascosti tra le mani: quasi a trasmettere la negazione, la ricerca di nascondigli, la solitudine, la tendenza a non guardare, o a difendersi dalle trasmissioni esterne.
Un’iniziativa culturale, sulla scia di vari e frequenti eventi promossi dall’amministrazione comunale, sicuramente entusiasmante per gli amanti dell’arte ma anche una occasione, per tutti, per conoscere, attraverso le immagini, e le opere, le caratteristiche del mondo del nostro tempo.
Cicerone riteneva che possedere “una biblioteca e un giardino” corrisponde ad avere completezza nella vita, noi diremmo che una cittadina dotata di pinacoteca ha uno slancio in più.



Un prezioso evento d’arte a Montoro (Av)

Prosegue lo spirito dell’amministrazione comunale di Montoro (Av) insistente nella diffusione di manifestazioni culturali fondate sulle tradizioni, sulle origini, sull’arte. In continuità con il “E…state a Montoro” della scorsa stagione, il progetto “Trascorri le feste di Natale con noi a Montoro” prevede una serie di eventi che si terranno nelle chiese delle varie frazioni montoresi. Meritevole di segnalazione, come incipit prezioso del nuovo anno, lo spettacolo tenuto ieri, 02.01.2024, in piazza Michele Pironti, nella frazione Piano, innanzi all’altare della chiesa di San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino, inscenato da un piccolo e talentuoso gruppo teatrale (diretto dalla regista Ludovica Rambelli) con una particolare capacità: quella di realizzare in 40 minuti ben 23 scene in veloce successione che ricalcano le immagini rappresentate da Michelangelo Merisi da Caravaggio nei suoi quadri, tant’è che il registro teatrale è quello dei tableaux vivants, quadri viventi. Notevole, come ha commentato il primo spettatore ovvero il primo cittadino Girolamo Giaquinto, la velocità con la quale gli attori cambiano d’abito, in presenza del pubblico, servendosi di drappi vari, e muovendosi quasi in simbiosi riescano, usando pochi oggetti semplicissimi, a coordinarsi silenziosamente e a realizzare, con dinamismo interrotto da una sorta di improvvisa suspense, scorci di dettagliate scenografie e ad interpretare ruoli ogni volta diversi. E la drammaticità delle scene del genio Caravaggio c’è tutta, e il suo realismo universale è testimoniato proprio dalla possibilità di realizzare, oggigiorno, il mimo delle sue scene con grande facilità. E dimostra quanto il corpo, anche senza voce, possa parlare, quanto sia forte il suo linguaggio silenzioso. Ma ciò che colpisce? La serietà degli attori, perché la serietà (non la seriosità) è di chi vale, è degli artisti.

Lettera di Anton Maria Salvini (1653-1729) ad Antonio Montauti, suo amico.

(Raccolte di prose e lettere scritte nel secolo XVIII, Vol II, Milano MDCCCXXX)

Non spendere, tutti possono farlo, difficile è farlo; bisogna tener conto di quanto si possiede, di quanto si guadagna, delle spese obbligate, della necessità o meno della spesa che si affronta, della necesstà in caso di bisogni inaspettati… tutto questo è lavoro mentale. chi non spende, non è capace di “organizzare la spesa” e non è capace neanche di organizzare altro! La lettera di Salvini è chiarificatrice.

“Io non ho mai stimato buono economo quello che non ispende, perchè questa è una economia che può riuscire a tutti. Come non si spende, ognuno sa avanzare; non ci è gran virtù, anzi ci è il vizio della miseria, della sudiceria e dell’avarizia. Buono economo stimo quello che spende e risparmia; spende dove va speso, e risparmia dove va risparmiato; spende con vantaggio, la sua lira la fa valere ventiquattro soldi; spende nelle spese utili e necessarie, leva le superflue: insomma sa spendere e sa risparmiare; chè qui consiste la virtù della economia, non già nel non ispendere punto, come molti fanno. Così non ho mai stimato buon galantuomo quello che de’fatti suoi non parla punto, e non gli dice a nessuno, ma quello che sa quali fatti sono da dire, e quali da non dire; e che distingue le persone a chi si può dire, a chi no; chè il dirgli a tutti è una infermità di lingua e di giudizio. Sentii dire una volta a uno uomo tanto grave che spiombava, che non bisognava, diceva egli, mai discorrere di sè a nessuno. Per esempio: io sono stato oggi fino al Poggio Imperiale a spasso; questo, secondo lui, non si poteva dire, e teneva questa regola di non parlare di sè in nessuna maniera. Questo ch’io dico, è diventato magro, spento, sparuto; e credo che questa stiticheria col tempo l’ammazzerà. Ho conosciuto due amici che per essere tanto cupi, e non si slargare a nulla, sono morti prima del tempo; e uno di questi, come disperato, il quale era Lucchese e diceva alla sua usanza, che bisognava comprare e non vendere, e la prima sillaba della parola vendere profferiva coll’e aperta e non istretta, come usiamo noi Fiorentini. Ci sono poi di quelli, come alcuni de’ Lombardi, che aprono il suo cuore a tutti, fanno scoprire subito le loro inclinazioni, il loro genio al primo, per dir così, che incontrano per la strada . Questo è un altro estremo, ed è da fuggirsi, perchè pochi galantuomini și trovano, e lo scoprirsi a gente garga e sciocca, come i più delle persone sono, è pericoloso. In somma il non dir nulla de’ fatti suoi è regola inutile e dannosa; il dire ogni cosa e a tutti senza distinzione, è semplicità e sciocchezza che rovina e fa danni grandissimi. Similmente il discorrere degli amici è cosa gioconda; ma bisogna vedere con chi si parla, e sfuggire quanto la peste i rapportatori, e quelli che fanno il mestiero di mettere zeppe tra un amico e l’altro. I segreti di cose confidate e di cose importanti, o che sapute possono tornare in grave pregiudizio dell’amico, non si debbono mai dire a nessuno del mondo, e debbono marcire in corpo. Altre minuzie di piccole imperfezioni dell’amico, o di cose che non importano, può uno senza pregiudicare all’amicizia talvolta aprire nel discorso, e ci va sempre il giudizio che regola il tutto: che cosa si dice, a chi, e come. Così la virtù della segretezza, che è l’anima dell’amicizia, non consiste nel non dir nulla, ma consiste nel tener segreto quel che va tenuto segreto. Mi voglia bene.

Luglio 1707″

Lettere sentimentali d’un giovine Italiano ad un amico.

Nessun maggior dolore, che ricordarsi del tempo felice nella miseria (Dante).

Mentre le nascite possono essere intese come una condensazione di cellule che inizia col concepimento, ed una condensazione di sentimenti con la venuta del nuovo essere nel nostro mondo, per cui tutti: genitori, parenti, amici, si compiacciono e ne tessono le lodi, avvicinandosi alla nuova creatura; la morte, che è l’opposto della nascita, rappresenta la dispersione delle cellule con la degenerazione del corpo e la dispersione dei sentimenti; all’ avvicinamento di tutti, per la nascita, si contrappone l’allontanamento di tutti per la morte. La lettera che segue, mette in risalto gli eventi che accadono in famiglia, dopo la morte del genitore e non vi pare che col passare dei secoli, le cose non sono poi cambiate così tanto!

Dopo la morte di mio padre, in casa, fra lo stesso mio sangue si combatte e neanche in campo aperto. Ti affrontano con coraggio? No; simili a volpi affamate aspettano la preda in agguato, o vanno a cercarla quando sanno che non può o non pensa di difendersi. I parenti? si sono allontanati. Mi fuggono come se fossi appestato, di modo che, durando così, fra poco resterò solo. Gridano contro me e mi guardano di traverso, e mi trovano mille difetti, e sia pur vero, ma non mi manca certo altezza di cuore, e tale ch’essendo in perfetta opposizione col mio stato, induce in errore sul conto mio. Chi dice, «Potresti fare», chi «Potresti regolarti», secondo quello che loro suggerisce la propria sapientissima mente, ed a proporzione o del livore, o della malignità, o del disprezzo che loro bolle nell’animo; e se una cosa non riesce, se non ne hai prevista un’altra, e se non hai potuto evitarla, sei sempre del pari colpevole. E credetemi, non mancano loro pretesti, e quando ancora mancassero, saprebber bene inventarne. Guardano con occhio torvo l’error più leggiero, e lo puniscono severamente. Sul lor volto sorprendi la severità, la compiacenza che provano nel vedersi osservati e rispettati dai meschini. Van per istrada empiendosi di vento. Di giorno in giorno vedo andar tutto di male in peggio, e che sarò, di tal passo, costretto a cominciare sul serio a riflettere al mio stato. E credo che il miglior partito sia quello di fuggire da qui. Addio .

14 novembre 1816.”

Lettera di Anton Maria Salvini (1653-1729) ad Antonio Montauti, valente artista, suo amico.

(Raccolte di prose e lettere scritte nel secolo XVIII, Vol II, Milano MDCCCXXX)

Il Salvini fu uomo di vasta erudizione e di profonda dottrina. Nella lettera che scrive all’amico, gli parla del sentimento proprio dell’amicizia; analizza, descrive e valorizza l’affetto che lo lega. L’amicizia, afferma, è una virtù, è un bene, è una presenza, una buona compagna di vita. La lettera porta la data del luglio 1707. Sono trascorsi tre secoli e più, dalla sua stesura!

“Al M. Antonio Montauti

La materia dell’amicizia è un mare che non si può solcare in un momento. Tanto n’hanno parlato i savii antichi, che uno non sa trovar la via nè a cominciare, nè a finire. Ho indugiato un giorno a pensare e a scrivere. Levare l’amicizia dal mondo, sarebbe come togliere il sole che c’illumina, che ci nutrisce, che ci rallegra. Ella è un bene, senza di cui l’uomo non può stare, e mille beni s’hanno da quella. L’amico è un compagno della vita. Se avete fortune, che cosa è il goderle senza un amico che se ne rallegri di cuore come se fossero sue proprie, che col consiglio vi regga perchè le sappiate godere, e che sappiate reggervi dentro, e la troppa fortuna non vi precipiti? Al contrario, se avete disgrazie, egli ne piglia una parte, e così quel peso ve lo fa più leggiero; sente con pazienza i vostri rammarichi, i vostri pianti, e`v’asciuga le lagrime e vi consola, e colla sua presenza grata e col dolce parlare vi conforta e v’invita a sperar bene e coll’opera e col consiglio in ogni cosa vi guida, vi regge, v’illumina, v’ammaestra. Nel suo seno potete con sicurezza depositare tutti i vostri segreti senza timore d’esser tradito, tutte le vostre passioni, e siete sicuro d’essere o sanato, o compatito; in un vostro bisogno avete a chi ricorrere; nelle difficultà avete chi ve le spiani; nei dubbi chi ve gli sciolga; negl’ incontri tutti della vita un lume, un porto, un’ aura che v’indirizzi, v’accolga, vi riceva, vi favorisca. Egli vi proccura altri amici, aderenze e favori. L’amicizia è una virtù, una costante volontà di far bene all’amico; e quella amicizia è più ferma e più stabile, che è fondata sul buono, sul vero e sul giusto, sulla bontà e similitudine di maniere e di costumi, e che non ha per unico fine l’utile e l’interesse; perchè mancando questo, o mutandosi, manca ancor essa e vien meno. Si vede per esperienza che chi è dato all’interesse non ha amore, nè amicizia; adora solamente il suo idolo, che è l’oro, dove ha il suo cuore. L’amicizie giovenili fatte da un genio subitaneo, e che consistono nel piacere, presto saziano e svaniscono. Gli ambiziosi, gl’invidiosi, i maligni non son fatti per la buona e per la bella virtù dell’amicizia, la quale non sarebbe virtù se non partecipasse dell’onorato e del buono; e su questa base fondata ella dura, ed è una buona compagna per tutta la vita.”

Anton Maria Salvini (da Wikipedia)