Il secondo caso è una conferma di risultato, del trattamento efficace con il latte, ottenuto col precedente caso clinico descritto dall’Autore, ed è anche un invito ai colleghi medici di aver fiducia nella cura lattea, la quale, come afferma egli stesso: “suol produrre i suoi favorevoli effetti pressochè istantanei”. La pubblicazione avvene sul medesimo giornale “Il Raccoglitore Medico”, volume XXIII, nell’anno 1872.
“(II caso) – Il Sig. Luigi del Comune di Civitella, di 40 anni, si ammalò nel mese di marzo con freddo, tosse e peso allo scrobicolo del cuore. Nel mese di giugno, quattro mesi dopo l’incominciare della malattia, fui invitato a visitarlo. Trovai l’infermo in uno stato gravissimo, affetto da essudato pleuritico destro esteso. Avendo ottenuto l’esito il più favorevole nel Sig. Domenico, ordinai il latte, colle medesime precauzioni e prescrizioni, anche al Luigi che fece uso di quello di vacca. Dodici giorni dopo dal principio della cura, l’infermo venne a trovarmi perfettamente guarito. Il miglioramento si manifestò fino dai primi momenti con diuresi abbondante, asserendo l’infermo che per l’uso del latte aveva continuo bisogno di mingere, e l’urina affluiva facile, limpida e in abbondanza. Iniziato il miglioramento, andò man mano progredendo fino alla scomparsa del liquido effuso, cioè fino alla guarigione. E qui pongo fine col pregare i miei Colleghi ad aver tutta la fiducia, in casi simili, nella cura lattea, la quale, in confronto degli altri metodi, suol produrre i suoi favorevoli effetti pressochè istantanei. Di più, con tutto il rispetto dovuto a quei sommi che della toracentesi sono partitanti, oserei asserire che la cura lattea ne è superiore; primieramente perchè non è possibile trovar infermo che si rifiuti di intraprendere un tal metodo di cura, e un bel esempio l’abbiamo nel Luigi che acerrimo nemico del latte, pure di buona voglia si sottomise alla dieta lattea; mentre grande è il timore che inspira al paziente la toracentesi. Secondariamente in caso di errore di diagnosi che danno ne potrebbe derivare all’infermo dalla cura lattea? Mi perdoni sig. prof. e mi abbia per sempre della S. V. Illustrissima Civitella di Romagna 23 Luglio 1872. Devotissimo Collega Dott. FRANCESCO FORTI”
Gli alimenti possono essere utilizzati come veri e propri farmaci! Significativa l’eperienza ottocentesca del Dott. Forti su un caso di pleurite guarita con l’uso del solo latte. Straordinario l’approccio clinico sul paziente; la semeiotica medica è applicata con perfezione, i dettagli della visita sono così precisi da condurci al cospetto dell’ammalato e il risultato della terapia tanto sbalorditivo da comunicarci la sua esaltazione di vittoria sulla malattia. La lettera venne pubblicata sul giornale “Il Raccoglitore Medico”, volume XXIII, nell’anno 1872; da pochi anni si era realizzata l’Unità dell’Italia e proprio nel 1872 muore a Pisa chi tanto l’aveva voluta, Giuseppe Mazzini.
“Pregiatissimo Professore. Avendo sperimentato l’efficacia del latte in un infermo affetto da essudato pleuritico, ne ho raccolto la storia, e sembrandomi degna di qualche attenzione da parte dei medici, gliela spedisco per sottoporla a lei. Se la crederà interessante, le sarò grato se vorrà inserirla nel suo accreditato giornale. Il Sig. Domenico del Comune di Civitella, d’anni 43, nel quarantesimo dell’età sua, nell’aprile del 1871, sofferse di pleuro-pneumonite destra, obbligandolo a letto per molto tempo. Quando lo visitai per la prima volta, giacea da oltre otto giorni. Alla visita mi riferiva che il male era esordito con intenso freddo, con febbre, dolor puntorio al costato destro, con tosse con poco escreato ed affanno. Egli non poteva decombere che supino e per lo più semiseduto. All’esame soggettivo ed oggettivo le respirazioni erano 40 al minuto, brevi e superficiali, i battiti del polso 110; temperatura alta, il color della cute giallo-terreo, muscoli flosci, pannicolo adiposo scarsissimo. Il dolore accusato estendevasi in basso, verso il bordo libero delle coste, ed in alto sopra la spalla a destra, col punto di massima intensità fra la linea clavicolare ed ascellare, all’altezza della sesta costa. Aveva sete ardente, nullo l’appetito; le urine erano scarse e sedimentose, rade le defecazioni. All’ispezione gli spazi intercostali di destra apparivano più ampli di quelli di sinistra, e più arcuato il torace da questo lato. Il movimento respiratorio a destra era quasi mancante, specialmente all’altezza della quarta costa fino alla base del torace che al palpamento dava maggior resistenza; il fremito pettorale era pressocchè estinto in tutto l’ambito del polmone, meno superiormente ove anzi era molto ben percepito. Il fegato sporgeva di un dito traverso sotto il bordo libero delle coste. Alla percussione si aveva a destra suono muto tanto anteriormente che posteriormente dal terzo spazio intercostale in basso, superiormente suono timpanitico. All’ ascoltazione era scomparso il murmore respiratorio, mentre, ove la percussione dava suono timpanitico, si sentiva la respirazione vescicolare esagerata con rantoli a grosse e piccole bolle; posteriormente contro la colonna vertebrale si sentiva la respirazione bronchiale. Nel polmone sinistro si avevano tutti i segni di un catarro bronchiale. Diagnosticai una pleurite destra con essudato abbondante. Avevo letto di fresco le belle esperienze del Siredey sull’uso del latte contra ogni sorta di idropisie; volli tentarne la prova e l’effetto fu superiore alle mie aspettative. Il paziente non avendo a sua disposizione il latte nè di vacca nè di asina fece uso di quello di pecora e capra mescolato. Ne bevve circa un litro e più al giorno. La guarigione fu quasi istantanea. Quindici giorni dopo dal principio della cura, essendomi io recato a visitarlo, egli che prima era impotente di mover passo fuori da casa sua, vennemi incontro a piedi rallegrandosi meco dell’efficacia della cura, ed infatti aveva acquistato in forze ed in nutrizione oltre al colorito di un leggero incarnato. All’esame del torace trovai che l’essudato si era abbassato di circa quattro centimetri, e un mese dopo quando lo rividi, non ve n’era più traccia, ed il Domenico era guarito potendo attendere a’suoi lavori campestri, portar pesi, e far lunghe camminate senza incomodi. Soltanto per la rapidità dell’assorbimento, il polmone restato compresso per tanto tempo, non potè dilatarsi subito in tutta la sua circonferenza e ricever l’aria, gran parte rimanendo impervio a questa, di modo che, manifestamente, il torace da questo lato si era infossato e la spalla destra abbassata di molto. Qualche tempo dopo ebbi occasione di rivederlo e constatai che il polmone funzionava quasi per intero, come lo certificavano i segni fisici, e per avere il torace acquistato la sua configurazione normale, e per l’innalzamento della spalla.”
L’uomo che vive nel peccato, non è necessariamente perduto, in qualche modo egli non è mai assorbito totalmente dal male, ma si dimena, si dibatte fra le due forze, quella del bene e quella del male: per salvarsi, deve chiedere aiuto, se non chiede aiuto alla forza positiva, a Dio, allora viene travolto, fulminato, imbrigliato in un turbine e tirato in un precipizio senza fondo. A me ha detto, in alcune occasioni: “quando dormi, ti vorrei soffocare”, posso ripetere le parole ma non la violenza delle espressioni che superano troppo l’umano, “..ma la Signora mi dice che non ti debbo toccare, ti sei affidato a Lei; quando sei sveglio, sei libero, ti vorrei folgorare, ma tu preghi sempre, non mi dai spiraglio… dammi uno spiraglio che ti folgoro!”. Qualche volta che ho pensato che la persona accorsa a me sofferente fosse schizofrenica, lui se ne è accorto e mi ha dato una sventagliata terribile, mi ha fatto stare male per parecchio tempo: io evito di cercare malattie negli individui che accorrono da me, evito di dare il passo alla scienza, faccio l’esorcista, mi afferro a Dio ed attraverso Dio intervengo e dovreste vedere come il demonio diventa ridicolo, insignificante.
Il suicidio lei lo vede come obiettivo diabolico?
Si, assolutamente, il suicidio è l’ultimo sbocco della persecuzione del demonio, della sua insidia. Ci sono si, delle tappe intermedie, ma lui mira come bersaglio lì, alla distruzione, non solo del singolo, ma anche delle persone intorno, della famiglia, e deve essere bloccato altrimenti distrugge tutti. Come elemento fondamentale, l’uomo nasce distorto dal peccato originale, dal primo istante del concepimento. Il demonio è pronto ad aggredirlo ma il Battesimo lo salva, attenzione però, lo salva sempre in rapporto alla libertà della collaborazione con Dio, alla scelta di desiderarlo il Battesimo. Non c’è nessuno che ci rispetta nella libertà come ci rispetta Dio. Il Diavolo, invece, vuole coartarci e schiavizzarci, ci inganna perchè riesce a presentarci come buono ciò che è cattivo e poichè ha una intelligenza superiore alla nostra in quanto è Angelo, se non ricorriamo all’aiuto di Dio, può abbagliarci, ha questo potere.
(Lettere dell’onorevole Gladstone a Lord Aberden sui Processi di Stato del Regno di Napoli. Torino 1854)
La lettera ci immerge nel clima pericoloso ed instabile che si visse negli anni successivi al 29 gennaio1848 nel Regno delle Due Sicilie. Gladstone, statista inglese liberale, all’epoca della stesura della lettera era Cancelliere dello Scacchiere (Miistro delle Finanze). nel 1851, di ritorno da un soggiorno a Napoli, denunciò il regime poliziesco borbonico ad Aberdeen, Primo Ministro Inglese.
“Caro lord Aberdeen
Debbo cominciare una lettera ch’io temo tornerà molto penosa per voi, anzi ecciterà la più alta vostra indegnazione… La condotta del governo di Napoli, in ciò che riguarda i veri o supposti rei polilici, è un permanente oltraggio alla religione, alla civiltà, all’ umanità e alla decenza pubblica… la costituzione del gennaio 1848, data spontaneamente, giurata come irrevocabile colla massima solennità e finora mai mon abrogata ( sebbene violata quasi in ogni atto dal governo) non è mai esistita, non è che una mera finzione… l’amministrazione della giustizia non è scevra di corruzione, che comuni sono ì casi di abuso e di crudeltà fra i pubblici impiegati subordinati, che vi sono duramente puniti ì reati politici, senza che s’abbia molto riguardo alle forme della giustizia… incessante, sistematica, deliberata è la violazione d’ogni diritto, è la violazione di ogni legge umana scritta, è l’assoluta persecuzione della virtù allorchè è unita coll’intelligenza , è una persecuzione tanto estesa che niuna classe ne può essere allo schermo. Il governo è mosso da una feroce e crudele, non men che illegale ostilità contro tutto ciò che vive e si muove nella nazione, contro tutto ciò che può promuovere il progresso ed il miglioramento. Il governo vi calpesta orribilmente la religione pubblica colla sua notoria conculcazione d’ogni legge morale, sotto l’impulso dello spavento e della vendetta. Vi vediamo un’assoluta prostituzione dell’ordine giudiziario che è stato reso un trasparente recipiente delle più vili e grossolane calunnie che deliberatamente inventano i consiglieri della corona, collo scopo di distruggere la pace e la libertà e, con sentenze capitali , la vita delle persone più virtuose, oneste, intelligenti, illustri e raffinate dell’intera società. Un selvaggio e codardo sistema di morale, non men che fisica tortura, per mezzo di cui si fanno pronunziar sentenze da quelle depravate corti di giustizia… Il governo non si fonda sull’affezione dei popoli, ma sulla forza. Tra l’idea della libertà e quella dell’ordine non vi è più associazione, ma violento antagonismo. Il potere governativo, che si qualifica immagine di Dio sulla terra, agli occhi dell’immensa maggioranza del pubblico pensante appare come vestito dei più laidi vizi… La presente persecuzione è più grave che non le precedenti, e differisce da queste in quanto che è diretta agli uomini d’opinioni moderate… Si vuole ad ognì costo portar la povera natura umana agli estremi; si mettono in fermento le passioni feroci… Nella sola Napoli parecchie centinaia sono in questo momento accusati di delitto capitale… Il governo, di cuì importante membro è il prefetto di polizia, per mezzo degli agenti di questo dicastero, insegue e codia i cittadini, fa visite domiciliari, ordinariamente di notte, rovista le case, sequestra mobili e carte, tutto questo sotto pretesto di cercar armi; incarcera uomini senza alcun mandato, talvolta senza mostrare alcun ordine scritto. Non si dice poi mai quale sia la natura del reato. La prima cosa è arrestare e incarcerare, poi sequestrare e portar via libri, carte o checchè altro soccorra a quegli sciagurati e venali poliziotti. Si leggono quindi le lettere del prigione, non sì permette all’incolpato alcuna assistenza. nè il mezzo di consultare un avvocato. Per dir meglio, egli non e esaminato ma svillaneggiato nel modo più grossolano dai poliziotti. I prigioni, prima di essere giudicati, vengono ditenuti in carcere per parecchi mesi, per un anno, per due; ordinariamente il termine è più lungo. Non m’accadde mai d’udire che alcuno sia stato giudicato per motivo politico prima di 16 a 18 mesi di reclusione. Ho veduti degl’infelici attendere il giudizio dopo Venti mesi di prigione… Non dubito asserire, che fatto ogni sforzo per riuscire col mezzo di storte interpretazioni e di parziali produzioni di prove, a formulare un’accusa, se questa fallisce si ricorre allo sper- giuro ed alla calunnia. Degli sciagurati che sì trovano quasi in ogni terra, ma specialmente là ove il governo è il gran corruttore del popolo, dei mariuoli presti a vendere la libertà e la vita dei loro simili per danaro, e dar la loro anima giunta, vengono deliberatamente impiegati dal governo per deporre contro l’uomo che si vuole mandare in rovina. Le deposizioni sono generalmente fatte nel modo più rozzo e grossolano e portano con sè tante contraddizioni ed assurdità che stomaca l’udirle. Dire una prigione di Napoli è dire l’estremo del sucidume e dell’orrore. Ho veduto alcune di esse e vi dirò, mio lord, ciò che vi vidi; i medici d’ufficio non sì recavano a visitare i prigioni malati, ma i prigioni malati, colla morte sul viso, arrancavansi sulle scale di quel carnaio della Vicarìa, edifizio tenebroso così innmondo, così ributtante, che nessun medico consentirebbe per guadagno ad entrarvi. La minestra che forma l’elemento di sussistenza è così nauseabonda che senza un’estrema fame niuno può vincere la ripugnanza che produce. Non ebbi mezzo di assaggiarla. Le prigioni sono sporche come covili. Gli impiegati in esse, tranne di notte, non v’entràno quasi mai. Fuì deriso perchè leggevo con qualche attenzione deì pretesi regolamenti appiccati sopra una parete. Passeggiai fra una turba di 3 o 4 cento prigioni napolitani, assassini, ladri, delinquenti d’ogni specie, alcuni condannati, altri no e confusi cogli accusati politici. Nessuno portava catena; molte porte chiuse a chiavistello con inferriate tra mezzo, non eravi nulla a temere e usarono verso me, come a forestiero, molta cortesia. Essi formano una specie di società in cui l’autorità principale è quella dei gamorristi, gli uomini più famigerati per audacia di crimini. Questo sciame di esseri umani dormivano tutti in una lunga e bassa sala voltata, non illuminata che da una piccola inferriata ad un capo di essa. I prigioni politici potevano, pagando, aver il privilegio di una camera separata lungi dalla prima, ma non vera divisione fra loro. Darò a V. S. un altro saggio del trattamento che si usa a Napoli con uomini illegalmente arrestati e non ancora condannati. Dai 7 dicembre ai 3 febbraio Pironti, che prima era giudice, e fu trovato colpevole nell’ultimo dei mentovati giorni o in quel torno, passò le intere sue giornate e notti, tranne le ore ch’era menato in giudizio con due altri uomini, in una cella della Vicaria, della superficie di due metri e mezzo, sotto il livello del suolo di essa e non rischiarata che da una piccola inferriata per cui non potevano veder nulla. Entro questo brevissimo spazio Pironti e il suo compagno furono confinati per due mesi, e non ne uscirono pure per andare alla messa, o per altro motivo qualunque eccetto l’accennato. E ciò succedeva in Napoli ove per consenso universale, le cose vanno molto meglio che non in provincia. La presenza dei forestieri esercita qualche influenza sul governo; l’occhio della curiosità o dell’umanità penetra talora in questi bui recessi, mentre tutto è mistero nelle remote provincie o in quelle solitarie isole, le cuì pittoresche e fantastiche forme deliziano il passeggiero ignaro degli immensi patimenti ch’esse racchiudono. Questo, dico, vidi in Napoli e trattavasi di persona educata, d’un giureconsulto, d’un accusato, non d’un condannato..
La mattina di sabato 29 novembre del 1732, il territorio del Principato Ultra subì un dannoso terremoto. Una distinta relazione voluta dal Vicerè, definita “funesto avviso”, giunse a Napoli e attraverso i secoli, è giunta fino a noi. Si intervenne presto sui luoghi della sciagura per la cura dei sopravvissuti e il seppellimento dei morti affinché non rimanesse nell’aria il fetore dei cadaveri. Terremoto orribile che causò devastazione ovunque. L’epicentro, può ipotizzarsi la valle dell’Ufita, territorio di Carife e Guardia dei Lombardi con estensione a Mirabella, per il numero dei morti e la completa distruzione delle abitazioni.
“...Carifri dell’intutto spianata nelle abitazioni e chiese, il numero dei morti è di quattrocentosettanta, fra’ quali il proprio barone, la moglie, e famiglia, e centocinquanta i feriti… Mirabella è rimasta dell’intutto distrutta, non vedendosi altro che un mucchio di pietre, senza che neanche vi si discerna strada alcuna. Morti sono al numero di cinquecento e i feriti duecento… Guardia Lombarda tutta spianata, i morti sono cinquantadue e settanta feriti… a Trevico città sono state distrutte centodue case e tutte le restanti lesionate, i morti però sono soli tre e li feriti 20…Sant’Angelo dei Lombardi città è resa dell’intutto inabitabile, mentre le fabbriche in parte sono rovinate a terra e in parte aperte, tanto che il popolo tutto abita in campagna. Nella Chiesa Cattedrale non si può più officiare. Il Monistero de’ Minori conventuali è tutto precipitato e gli altri due de’ Riformati e Celestini lesionati e aperti, i morti però non sono stati più di cinque, ma moltissimi i feriti...”