(Raccolte di prose e lettere scritte nel secolo XVIII, Vol II, Milano MDCCCXXX)
Non spendere, tutti possono farlo, difficile è farlo; bisogna tener conto di quanto si possiede, di quanto si guadagna, delle spese obbligate, della necessità o meno della spesa che si affronta, della necesstà in caso di bisogni inaspettati… tutto questo è lavoro mentale. chi non spende, non è capace di “organizzare la spesa” e non è capace neanche di organizzare altro! La lettera di Salvini è chiarificatrice.
“Io non ho mai stimato buono economo quello che non ispende, perchè questa è una economia che può riuscire a tutti. Come non si spende, ognuno sa avanzare; non ci è gran virtù, anzi ci è il vizio della miseria, della sudiceria e dell’avarizia. Buono economo stimo quello che spende e risparmia; spende dove va speso, e risparmia dove va risparmiato; spende con vantaggio, la sua lira la fa valere ventiquattro soldi; spende nelle spese utili e necessarie, leva le superflue: insomma sa spendere e sa risparmiare; chè qui consiste la virtù della economia, non già nel non ispendere punto, come molti fanno. Così non ho mai stimato buon galantuomo quello che de’fatti suoi non parla punto, e non gli dice a nessuno, ma quello che sa quali fatti sono da dire, e quali da non dire; e che distingue le persone a chi si può dire, a chi no; chè il dirgli a tutti è una infermità di lingua e di giudizio. Sentii dire una volta a uno uomo tanto grave che spiombava, che non bisognava, diceva egli, mai discorrere di sè a nessuno. Per esempio: io sono stato oggi fino al Poggio Imperiale a spasso; questo, secondo lui, non si poteva dire, e teneva questa regola di non parlare di sè in nessuna maniera. Questo ch’io dico, è diventato magro, spento, sparuto; e credo che questa stiticheria col tempo l’ammazzerà. Ho conosciuto due amici che per essere tanto cupi, e non si slargare a nulla, sono morti prima del tempo; e uno di questi, come disperato, il quale era Lucchese e diceva alla sua usanza, che bisognava comprare e non vendere, e la prima sillaba della parola vendere profferiva coll’e aperta e non istretta, come usiamo noi Fiorentini. Ci sono poi di quelli, come alcuni de’ Lombardi, che aprono il suo cuore a tutti, fanno scoprire subito le loro inclinazioni, il loro genio al primo, per dir così, che incontrano per la strada . Questo è un altro estremo, ed è da fuggirsi, perchè pochi galantuomini și trovano, e lo scoprirsi a gente garga e sciocca, come i più delle persone sono, è pericoloso. In somma il non dir nulla de’ fatti suoi è regola inutile e dannosa; il dire ogni cosa e a tutti senza distinzione, è semplicità e sciocchezza che rovina e fa danni grandissimi. Similmente il discorrere degli amici è cosa gioconda; ma bisogna vedere con chi si parla, e sfuggire quanto la peste i rapportatori, e quelli che fanno il mestiero di mettere zeppe tra un amico e l’altro. I segreti di cose confidate e di cose importanti, o che sapute possono tornare in grave pregiudizio dell’amico, non si debbono mai dire a nessuno del mondo, e debbono marcire in corpo. Altre minuzie di piccole imperfezioni dell’amico, o di cose che non importano, può uno senza pregiudicare all’amicizia talvolta aprire nel discorso, e ci va sempre il giudizio che regola il tutto: che cosa si dice, a chi, e come. Così la virtù della segretezza, che è l’anima dell’amicizia, non consiste nel non dir nulla, ma consiste nel tener segreto quel che va tenuto segreto. Mi voglia bene.
Luglio 1707″