Lettere sentimentali d’un giovine Italiano ad un amico.

Nessun maggior dolore, che ricordarsi del tempo felice nella miseria (Dante).

Mentre le nascite possono essere intese come una condensazione di cellule che inizia col concepimento, ed una condensazione di sentimenti con la venuta del nuovo essere nel nostro mondo, per cui tutti: genitori, parenti, amici, si compiacciono e ne tessono le lodi, avvicinandosi alla nuova creatura; la morte, che è l’opposto della nascita, rappresenta la dispersione delle cellule con la degenerazione del corpo e la dispersione dei sentimenti; all’ avvicinamento di tutti, per la nascita, si contrappone l’allontanamento di tutti per la morte. La lettera che segue, mette in risalto gli eventi che accadono in famiglia, dopo la morte del genitore e non vi pare che col passare dei secoli, le cose non sono poi cambiate così tanto!

Dopo la morte di mio padre, in casa, fra lo stesso mio sangue si combatte e neanche in campo aperto. Ti affrontano con coraggio? No; simili a volpi affamate aspettano la preda in agguato, o vanno a cercarla quando sanno che non può o non pensa di difendersi. I parenti? si sono allontanati. Mi fuggono come se fossi appestato, di modo che, durando così, fra poco resterò solo. Gridano contro me e mi guardano di traverso, e mi trovano mille difetti, e sia pur vero, ma non mi manca certo altezza di cuore, e tale ch’essendo in perfetta opposizione col mio stato, induce in errore sul conto mio. Chi dice, «Potresti fare», chi «Potresti regolarti», secondo quello che loro suggerisce la propria sapientissima mente, ed a proporzione o del livore, o della malignità, o del disprezzo che loro bolle nell’animo; e se una cosa non riesce, se non ne hai prevista un’altra, e se non hai potuto evitarla, sei sempre del pari colpevole. E credetemi, non mancano loro pretesti, e quando ancora mancassero, saprebber bene inventarne. Guardano con occhio torvo l’error più leggiero, e lo puniscono severamente. Sul lor volto sorprendi la severità, la compiacenza che provano nel vedersi osservati e rispettati dai meschini. Van per istrada empiendosi di vento. Di giorno in giorno vedo andar tutto di male in peggio, e che sarò, di tal passo, costretto a cominciare sul serio a riflettere al mio stato. E credo che il miglior partito sia quello di fuggire da qui. Addio .

14 novembre 1816.”