Lettera di Pietro Giordani a Caterina Franceschi Ferrucci

L’ardimento col quale, certo di se, Pietro Giordani (1774 – 1848) invitava alla cura dei piccoli, sottolinea le sue idee conservatrici. Egli sosteneva che la cultura classica è fondamentale per una buona preparazione delle nuove generazioni. Nella lettera che segue indica la strada da percorrere, l’educazione opportuna, affinchè un fanciullo divenga uomo e non bruto.

A Caterina Franceschi Ferrucci.

“Cara signora, ha tanto buon cuore che seguiterò a comunicarle i miei pensieri, che pur trovan pochi ascoltatori e nessun esecutore. Amo i bambini e mi affliggo e mi sdegno a vederli indegnamente trattati. Le sono obbligatissimo della promessa che mi fa, di comandar poco e proibir poco al suo figliolo, dì lasciarlo sviluppare liberamente le facoltà fisiche e morali, di non gli dir mai bugie di nessuna sorta, di non gli dir mai còse che non possa intendere e di rispondere alle sue interrogazioni, di non fargli mai fare nessun passo forzato né dì movimenti corporali né di morali, di preservarlo diligentemente da ogni errore. L’errore è peggio dell’ignoranza anzi l’ignoranza è gran male per questo, che è terreno dove si pianta l’errore. Lasci ancora per alcuni anni scarabocchiare liberissimamente il suo figliolo e mi creda che questo esercizio puerile gli tornerà a gran profitto. Sappia che come il corpo ha due mani, colle quali s’appropria 1’uso delle cose esteriori, il cervello ne ha tre e sono: Disegno, Calcolo, Lingua. Coi disegno egli introduce nell’ intelletto tutte le forme visibili, e divien potente non solo a rappresentarle, ma a modificarle. Col calcolo egli apprende e maneggia tutte le quantità, ond’ella vede ch’egli procede al di là del visibile, e si estende a tutto quello che può essere, anche immaterialmente, commensurabile. Colla lingua egli distende ancora più la sua potenza, perchè niuna cosa è che la parola non possa rappresentare, e sotto questa forma maneggiare, come fosse cosa visibile e misurabile come la sensazione, l’idea astratta, l’universale, l’affetto. Chi arrivasse all’eccellenza dei disegno sarebbe artista, chi possedesse tutta la potenza del calcolo sarebbe scienziato, chi portasse alla somma perfezione l’immenso uso della lingua, diviene scrittore. Dunque nella cima di questi tre istrumenti dell’intelletto sta il sommo della massima grandezza umana; ma nei gradi più bassi bisogna pur che si trovi chiunque vuol esser uomo e non bruto e tanto più è uomo quanto più possiede dì questa ricchezza: tanto meno è nomo quanto più se ne trova povero…”

Parma, 9 febbraio 1832.