Da dove viene che da padri molto intelligenti nascano figli deludenti e da padri del tutto incapaci nascano figli molto capaci. Alessandro Tassoni (scrittore e poeta, nato dal conte Bernardino di Modena, di indole orgogliosa, pubblicò nel 1620 i suoi “pensieri”), si interroga su questo dilemma. Le conoscenze scientifiche nel ‘600 erano molto limitate e lo scrittore si istruisce nel dare una qualche spiegazione al fenomeno, osservando e dando ragione al comportamento dell’uomo durante il congiungimento, che se è istintuale, animalesco, dà frutti imperfetti, se invece fa prevalere la dolcezza, l’amore, l’attenzione, il rispetto, ecco che si generano figli intelligenti. La donna è vista come accoglienza, cura della gestazione; nell’osservare, poi, che vi sono figli che somigliano più alla madre che al padre, riconosce che anche la donna partecipa alla formazione del nascituro come vuole Ippocrate. Infine, riconosce che uomini di grande ingegno somministrano al nascituro quanto hanno in serbo, al momento del concepimento.
“Onde vegna, che di Padri di molto senno, nascano figliuoli. balordi; e di Padri balordi figliuoli di molto senno.Alcuni dicon che l’esser savio, o pazzo, sia qualità dell’anima, ma essendo l’anime create da’ Iddio, e non generate dagli huomini, non habbia da parer marauiglia, se quelle de’ figliuoli non rassomigliano talora a quella del padre. Ma l’essere un’huomo savio, o pazzo secondo i migliori filofofi, non viene dall’anima, ma dalla disposizione o indisposizione del Padre che genera un altro simile a lui, con l’istessa perfezione o imperfezione generar lo dourebbe colle medesime qualità. Alcuni hanno inventato un pensier poetico, che piace a molti e che afferma che gli huomini di poco ingegno nell’atto del congiungimento, s’applicano con tutto l’animo a quell’azione; onde, per questo, sogliono generaré i figliuoli pazzi. I Padri di grande ingegno, se vanno coll’immaginazione nelle speculazioni, servando nell’atto, l’istesso tenore del congiungimento, sogliono per lo più generare i figliuoli balordi, da qui nacquero Marco figlio di Cicerone che condusse una vita dissoluta e dedita ai piaceri, Claudio figlio di Drufo, Gaio figlio di Germanico, Commodo figlio di Marco Antonino, Lamprocle figlio di Socrate che secondo Aristotile si rivelò insignificante, stupido ed ottuso. E. Stratonico Fifico (come riferisce Galeno) tenne, che’l seme predominante, o della donna, o dell’huomo fosse quello, che il parto formasse; e che l’altro servisse nel ventre per alimento al bambino. E di questa dottrina d’Ippocrate, e di Stratonico se ne da l’esempio nell’huomo, il quale essendo composto di due semi diversi, l’uno d’essi forma il pulcino, e l’altro gli serve per alimento. Alcuni altri dicono: che quando da padre di grande ingegno nasce un balordo e dappoco, ciò viene perchè il seme della madre prevale non essendo quello dell’huomo ingegnoso per generare; e l’huomo generato da seme di donna, non può esser prudente per cagione del molto freddo, e umido di quel sesso. Oltre a questo disposto, habbiamo al contrario Aristotile, e tutta la scuola Peripatetica, che niega, che mai la donna, con seme alcuno, alla generazione concorra, volendo, che quello che in lei ne par seme, non sia altro, che sudore della matrice. Benchè questa opinione d’Aristotile, per l’autorità di tant’huomo, sia accettata comunemente, a me sempre è piaciuto più quella d’Ippocrate che sostene che la donna babbia feme, il quale alle volte anch’egli alla generazione possa concorrere, vedendo noi, che i figli, molto spesso, s’assomigliano di faccia, e di costumi, più alla madre, che al padre. Don Gregorio Pomodoro, illustre ingegno dell’età nostra dice che negli huomini sapienti per esser contemplativi, tutta la perfezione del sangue loro, che è tenue e sottile, ascende al capo a confortare il cervello e che dell’altro, che rimane feccioso e mancante di calore e di spiriti, si genera il seme il quale poscia, o per la sua imperfezione è infecondo o produce parti insensati. Io non negherò che negli huomini spiritosi e grandi, non sia vero, che tutti gli spirti più vivaci si riducano al cervello per quivi somministrare virtù e vigore alle potenze dell’intelletto.”

Alessandro Tassoni (1565-1635)